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Festa delle Comunità Masci dal 12 al 14 ottobre 2018

Tre immagini dalla Festa delle Comunità di Spoleto


Può sembrare un po’ arduo trasmettere il senso di un evento. Mi accorgo che una cosa è rivolgersi a chi c’era e altra a chi non ha partecipato all’esperienza. gli uni e gli altri potranno accogliere in modo differente le parole di questa piccola testimonianza. Le parole servono, comunque, solo da spunto, in qualche modo da richiamo, che permetta a chi là c’era di ritrovare, attraverso piccole suggestioni, la memoria di quanto si è vissuto assieme.
Per tre giorni Spoleto è stata invasa dalle camicie grigie del masci. Più di 1300 AS, provenienti da tutte le regioni d’Italia, con fazzoletto al collo e zainetto e sgabello in spalla. A gruppi, per comunità di provenienza, alla ricerca continua degli indirizzi dei vari luoghi di raccolta … con lo stile della ricerca, con il desiderio di incontrarsi, e con la disponibilità piena e cordiale da parte degli abitanti del luogo ad accogliere, a dare informazioni, a farci sentire bene.
Il raduno si è caratterizzato come Festa delle Comunità. Vale a dire: non un convegno per l’approfondimento di particolari tematiche, non un seminario di studio per specialisti, ma un evento festivo, celebrativo, la possibilità di essere presenti il più alto numero possibile di membri del movimento godendo, su questa base, di alcuni momenti indimenticabili di approfondimento e riflessione sulla realtà storica che stiamo vivendo. Una festa è un’occasione per dire quanto è bello trovarsi, rivedersi, condividere momenti di vita.
Nella sua relazione Luigino Bruni ha sottolineato l’importanza di questa capacità di aggregazione in tempi in cui prevale il rapporto virtuale e in rete, vissuto magari senza uscire dalla propria abitazione. Un valore da non perdere e da perseguire con costanza. Lo sa, a questo proposito, anche chi partecipa con costanza ai vari incontri regionali di approfondimento (in Veneto li chiamiamo Squero). La riflessione e l’approfondimento ci sono comunque state a Spoleto, ma sono state in ogni caso uno degli aspetti dell’evento Festa. Festa delle comunità: primo obiettivo era incontrarsi, radunarsi, celebrare, magari con un’organizzazione non perfetta, da migliorare, ma con la certezza che ogni difficoltà e contrarietà potevano essere superate grazie alla buona volontà e alla disponibilità di ogni partecipante. Come a dire: chi ha organizzato si è preso un grandissimo onere (che gli rende onore) e per questo va ringraziato e apprezzato in ogni caso. Non è facile organizzare un evento del genere, un incontro per oltre un migliaio di adulti.
Vorrei raccontare, riassumere questa festa attraverso tre immagini, tre simboli che ci hanno accompagnato a Spoleto.

Lo sgabello, la piazza e la scala mobile.

Lo sgabello a tracolla assieme allo zainetto. Un plauso agli organizzatori per questa idea. Un vero lampo di genio. Gli AS non possono più portarsi sulle spalle lo zaino pesante dei tempi della route. Il cammino si è fatto più breve, più faticoso, più impegnativo. Ma è importante sentirne ancora l’importanza, la nostalgia. La strada mantiene ancora tutto il suo fascino. Giunti ad una certa età si ha bisogno di effettuare soste più numerose, e magari, nelle fermate, di trovare un posto dove poter sedersi per riprendere le forze. Nella consapevolezza che anche le soste fanno parte del cammino. Non ne sono affatto una interruzione, ma uno sviluppo, un approfondimento. Ci si ferma per ritrovare le forze che permetteranno di riprendere il cammino. Ognuno con il suo zainetto e con lo sgabello piegabile. Da poter utilizzare senza difficoltà in qualunque momento.
Immaginate come sarebbe stata la città di Spoleto con sedie e panche allestite in ogni angolo? Che fatica e quale sforzo organizzativo … E invece ognuno era dotato del suo posto a sedere che poteva utilizzare senza problema in tutti i luoghi in cui veniva a trovarsi: ad una relazione, alla celebrazione in duomo, alla cena delle comunità … uno sgabello del genere: per dire che ci si può sedere in una forma magari non comoda, non totalmente rilassata, ma comunque con la possibilità di trovare un qualche riposo. Sostenuti dal treppiede e nello stesso tempo mantenendo la posizione sull’equilibrio dei propri arti inferiori.
Lo sgabello del pescatore o di chi deve stare chinato a lungo.
Complimenti per l’idea!

Seconda immagine: la piazza. Tanti nostri incontri sono avvenuti in piazza. In piazze differenti. Piazze grandi e piccole, a cominciare da quella grande, maestosa, ufficiale del Duomo per arrivare a quella del cortile dell’Arcivescovado o di San Nicolò. La piazza come era pensata fin dalla sua invenzione con la sua funzione di essere centro di raccolta, agorà (con la radice del verbo greco raccogliere, adunare). La piazza come cuore pulsante della città, come spazio tra le case, le abitazioni, i vari luoghi di lavoro e, ancora, come spazio in cui accogliere lo straniero che viene da fuori, per ricevere quello che lui porta e dargli a nostra volta quello che noi abbiamo. Insomma la piazza come luogo di scambio, di incontro tra vite, esperienze differenti. Luogo in cui far circolare la ricchezza materiale, in cui scambiarsi i vari prodotti provenienti da terre differenti, ma anche l’altra ricchezza non meno importante: la ricchezza culturale, spirituale. Il commercio e la cultura; l’economia e la spiritualità. La brillante e stimolante relazione di Bruni, che è – guarda caso – biblista ed
economista, ci ha fatto percepire quanto questi due aspetti non possano e non debbano mai essere separati: l’uomo è sempre una realtà economica e al contempo spirituale. E lo spirito si esprime e da’ il meglio di sé proprio nella realizzazione delle grandi opere umane. La città di Spoleto ne è un esempio, mi pare. La piazza, le piazze, sono stati i luoghi del nostro incontrarci, del nostro conoscerci, dello scambio delle nostre esperienze e riflessioni. Così come è stato il luogo della cena comunitaria in cui ogni regione del Masci ha potuto offrire alle altre i propri prodotti culinari.

Terza immagine: la scala mobile. Strumento tecnologico approntato con la finalità di favorire una “mobilità alternativa”. Alternativa alle automobili, al traffico urbano. Tra le altre qualità Spoleto ci è stata presentata come città della mobilità alternativa. Città in cui sia possibile e bello per tutti, anche per chi ha difficoltà di locomozione, muoversi a piedi, nonostante i notevoli dislivelli presenti. In una qualche maniera siamo convenuti a Spoleto come ad una città ideale. Una città in cui è bello vivere, una città a misura d’uomo. Una città piena di bellezze storiche e artistiche, in cui ad ogni angolo ci viene data la possibilità di respirare con il respiro di chi è venuto prima di noi. Una città come luogo della vita e della festa. Certo si tratta di una città piccola. Le sue dimensioni la rendono particolarmente adatta ad essere presentata come città ideale. Non è da tutti poter vivere in un luogo di questo genere. La maggior parte degli esseri umani è costretta a vivere in luoghi di grande afflusso umano, luoghi in cui gli altri sono sentiti come pesi, come concorrenti come fastidio. Le città del nostro tempo sono diventate megalopoli, grandi agglomerati industriali afflitte da problemi di ogni genere: dall’inquinamento alla violenza, passando per l’indifferenza e l’anonimato …
Anche l’essere piccolo allora è un privilegio particolare. Un privilegio che deve diventare impegno, missione, per permettere a tutti di accostarvisi. Vivo in una realtà bella non per me stesso ma per metterla in qualche modo a disposizione degli altri.
Scusate la superficialità di questa sintesi. Ho cercato di dar voce a delle semplici impressioni sgorgate da quei giorni. Speriamo ci siano altri momenti, strumenti e altri luoghi per presentare le sintesi e i contenuti dei vari momenti di incontro e di riflessione.
Stefano Costa
Masci la Soca Caldiero

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