2021 Masci e Api

Un sabato pomeriggio
Finalmente riprendiamo il filo interrotto mesi fa’. Una mini uscita di sabato pomeriggio. Due parole per non lasciar fuggire via questa piccola esperienza comunitaria. Si è trattato soltanto di un paio d’ore. Eppure gli spunti che ci ha dato sono stati talmente tanti e ricchi che per raccontarla non basterebbero pagine e pagine. Talvolta si ha la sensazione di vivere in una frazione concentrata di tempo. Sono le esperienze che segnano, che marcano, che hanno bisogno di essere riprese, dipanate, ripensate. Esperienze che condensano cose fatte e che possono orientare ulteriori percorsi.

Ci ritroviamo a metà maggio. Sono precisamente sette mesi che la nostra comunità non si riunisce. L’ultima volta è stato in Val d’Adige, lo scorso mese di ottobre, alla vigilia della seconda, micidiale chiusura a seguito della pandemia. In quel fine settimana ci eravamo sbizzarriti a dare forma a idee e progetti che, per lo meno allo stato attuale delle cose, non hanno avuto alcuna realizzazione pratica. Tant’è: la pandemia è un motivo valido per giustificare ma potrà bastare? Ci ritroviamo davanti alla casa dei Meneghello, con circospezione, quasi con senso di incredulità. Eppure il solo vedersi è fonte di gioia. ritrovarsi tra amici e in qualche modo tra fratelli, membri della stessa comunità, accomunati dallo spirito dello scoutismo. Nessuno veste la camicia, tutti però hanno il fazzolettone attorno al collo. Dopo esserci contati e salutati partiamo. In auto fino alla pizzeria all’Olmo, in località Gombion. Poi a piedi lungo via Gombion e via Bova dopo l’avventuroso attraversamento della rotonda in cui abbiamo scansato la folle corsa di un autista probabilmente ubriaco o in preda a stupefacenti. Il pretesto per l’uscita è la partecipazione come comunità a quanto svolto fino a questo momento dalla pattuglia Api.

L’unica proposta dei giorni di fine ottobre che si è riusciti a realizzare. Silvana ha riassunto il nostro ritrovarci nel titolo del messaggio di invito: “La
comunità Masci incontra la comunità delle api”. Avremo proprio tanto da imparare da questi animaletti, come singoli e come comunità.
Camminiamo sulla stretta stradina che da Caldiero porta a Belfiore passando con diverse giravolte in mezzo alla campagna. Non ci può essere uscita scout senza un po’ di strada. Che a dir la verità si rivela più lunga di quanto pensato inizialmente. I “Dieci minuti, un quarto d’ora” sono diventati quasi un’ora. Ma si sa il tempo acquista un valore differente quando ci si mette a camminare. Non si può camminare guardando l’orologio. O meglio si può ma non è la stessa cosa. Il cammino non è semplicemente l’atto di uno spostamento da un luogo ad un altro. È esperienza, è conquista, immersione e partecipazione del mondo che ci circonda. Camminare è scoprire un’infinità di particolari - fiori, vie, persone – ai quali non avremmo mai pensato. Cammino è fatica, condivisione. La meta è importante tanto quanto il cammino che ad essa deve condurre. E difatti il camminare è una modalità unica per entrare nel vivo dell’esperienza.

Il cammino in mezzo ai campi ci aiuta a vivere il gusto del ritrovarsi assieme, del raccontarci le cose semplici e grandi che sono accadute a ciascuno, anche in questi mesi di distanziamento.

Lasciamo la strada per inoltrarci nel viottolo campestre. I campi sono tenuti in maniera splendida. L’erba è stata tagliata da poco, le vigne sono in perfetto ordine. Intravvediamo in lontananza le arnie delle api. In pochi minuti arriviamo finalmente a destinazione: il centro della bella piantagione di Renzo. Da un lato il vigneto, dall’altro un campo di grano, con il caratteristico giallo dei fiori di colza. Abbiamo subito la sensazione di essere attesi. Difatti dopo un po’ arriva Renzo con la sua vecchia punto allarmato per il nostro ritardo. “Eravamo a piedi. Non sono bastati dieci minuti per arrivare”. Ancora una parola sulla bellezza, l’ordine, l’armonia di questo ambiente. L’attività umana contribuisce a rendere più bella la creazione. E ancora: ogni opera bella ha bisogno di cura, di attenzione. Non sarebbe la stessa cosa trovare dei campi in disordine.

Ci mettiamo in cerchio: Claudio ci parla un po’ delle api, di come è partita questa esperienza. Solo un po’ perché in realtà quella delle api non è una cosa da raccontare, ma da vivere. Un mondo che si conosce mano a mano che vi si entra dentro. È stato quello che mi ha detto Renzo quando partecipando ad una riunione della pattuglia continuavo a fare domande di approfondimento e chiarificazione. “E’ inutile che ti diciamo tutto adesso. Capirai quando verrai con noi”. Ci sono cose che
non si possono spiegare. Ritorna il metodo dell’”imparare facendo”. Vogliamo conoscere tante cose. Ma talvolta è solo per curiosità, per snobismo, per stare al passo con le mode. Si impara veramente solo mettendosi dietro a qualcuno, in silenzio e con umiltà.
Dopo la spiegazione di Claudio arrivano Renzo e Silvana con i guanti, le maschere tutta l’attrezzatura. Cominciano ad alzare i coperchi delle casette per mostrarci l’interno delle arnie. controlliamo soprattutto quelle più piccole fatte di semplice polistirolo. Sono quelle più recenti frutto della suddivisione dell’arnia principale. le casette che hanno accolto provvisoriamente le api dopo che hanno effettuato la sciamatura, ovvero la partenza dall’arnia principale. Controlliamo innanzitutto queste perché sono ancora agli inizi. C’è la necessità di orientarle e di direzionarle nel modo giusto. Ogni telaino brulica di migliaia di api. Arriviamo ad individuare grazie alle indicazioni dei nostri apicultori l’ape regina, maggiore per dimensione e sommersa dalle altre. Il brusio e la nuvola di api che si vede all’esterno, soprattutto nelle ore più calde della giornata è nulla in confronto al movimento e alla confusione che regna all’interno. Confusione solo apparente, ovviamente. Le api hanno ben chiaro quello che stanno facendo. Ognuna di loro esiste con un compito preciso. Non esiste a caso ma per fare qualcosa, per svolgere un ruolo all’interno dell’arnia. E lo scopo della sua vita le è chiaro proprio in quanto lei è parte di un organismo più grande. Non ha senso parlare di ape singola, ma di api al plurale. Il meccanismo di questa complicata macchina che è l’alveare funziona perché ognuna di loro ha chiaro quello che deve fare. Il brusio che vediamo all’esterno è prodotto dalle api raccoglitrici che tornano dalle piante in cui hanno preso il polline e attendono di poterlo consegnare alla porta di ingresso alle api magazziniere che si incaricano di passarselo l’una con l’altra fino a depositarlo nelle cellette predisposte all’interno. Il polline, mescolato con gli enzimi prodotti da tutte queste api, viene depositato nelle cellette. E’ la riserva di miele che servirà a loro e anche a noi.

Dopo aver passato in rassegna le arnie più piccole arriviamo a quella più grande: abbiamo quasi la sensazione che sia successo qualcosa. Ci sembra che il movimento sia inferiore a quello che dovrebbe essere tenendo presente che si tratta dell’arnia più grande. I nostri esperti ventilano la possibilità che si sia verificata la sciamatura. Può essere. O forse si tratta solo dell’orario e della temperatura o del fatto che ormai le api hanno preso coscienza che in questa zona il lavoro dell’impollinazione si sta quasi esaurendo. Forse domani le api torneranno a lavorare in maniera più decisa di quanto stiano facendo in questo momento. Alziamo il coperchio della parte
superiore di quest’arnia, l’unica ad essere divisa in due piani e ad avere, per questo, il diritto di essere chiamata arnia vera e propria. Nella parte inferiore le celle contenute nei telaini sono riservate alla riproduzione. È lì che l’ape regina depone le uova che diventeranno api ed è lì che le api depositano il nettare o miele che serve innanzitutto come nutrimento per loro. Quando le celle inferiori sono colme le api passano nella parte superiore, chiamata melario, per depositarvi il loro raccolto. A questo piano l’ape regina non ha accesso per non consumare il miele. Il passaggio è pensato perché solo le api normali possano avervi accesso. I telaini sono già abbastanza colmi di miele. Fra qualche giorno lo raccoglieremo.

 

In questo momento noi possiamo scoperchiare solo questa parte. Per verificare la possibilità della sciamatura bisognerebbe aprire anche la parte sottostante e controllare il numero degli insetti e soprattutto la presenza o meno dell’ape regina.
Il tempo sta volando. Qualcuno comincia già a lasciarci. Anche se come detto prima quando ci riferiamo ad una esperienza di vita il tempo non va misurato con il metro della quantità ma della qualità, dell’intensità. Sono tantissimi gli spunti che abbiamo ricevuto dalla presentazione di questo lavoro della pattuglia api per la nostra vita personale e comunitaria. Veramente come diceva l’avviso di invito si tratta di imparare dalle api una maniera speciale di vivere la comunità. Ci salutiamo dandoci appuntamento ad una prossima occasione.
Renzo invita gli ultimi rimasti a vivere una ulteriore esperienza prima di andarsene. “Passate in mezzo ai filari e controllate. Può essere che la sciamatura sia avvenuta e, in questo caso, lo sciame non può essere andato troppo lontano. Non può che essersi attaccato al ramo di qualche pianta qua nei paraggi”. Ognuno si incammina per la sua vigna. Non c’è ombra di sciamatura. Forse quello di Renzo è stato un espediente per farci vivere anche questa esperienza di ricerca. Sapremo domani o nei prossimi giorni se dall’arnia sono partite le api.
La sciamatura non è alla fine avvenuta. Esattamente una settimana dopo questa uscita, la pattuglia api ha provveduto a trasportare le arnie in un luogo adatto a continuare il loro lavoro. In contrada Battistini, dopo Tregnago, in mezzo ad un bel campo di castagni. Prima abbiamo prelevato e assaggiato il miele che hanno prodotto nella permanenza in mezzo ai campi di Caldiero. Della loro permanenza sui monti avremo modo di parlare più avanti.
S.C.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL MIELE PRODOTTO

 

 

LA TRANSUMANZA AI BATTISTINI

 

Sciamare

Sciamare bisogna.
E’ troppo ristretta la casa,
troppo angusto lo spazio racchiuso tra queste mura. Non si può contenere a lungo la vita che cresce, che si espande al di là di ogni calcolo, sconvolgendo ogni progetto che su di lei ci siam fatti.

Uscire bisogna.
Papa Francesco parla di “chiesa in uscita” inviata alle periferie del mondo, alle periferie esistenziali. Francesco: profeta inascoltato, osteggiato, attaccato. Gran parte dell’apparato ecclesiastico è a rimorchio del potere della peggior specie. Ma questo è un altro discorso, che ci porterebbe lontano. A riflettere su chi non vuole mai muoversi dalla sua posizione, su chi vive abbarbicato ai propri interessi, al proprio passato, totalmente contrario ad ogni segnale di novità.
Le api sciamano perché sono costrette a farlo, per il sovraffollamento dell’arnia, per trovare migliori condizioni di vita, per continuare a vivere e a progredire altrove …
Sciamare è il movimento di chi cerca un altro luogo, perché la vita non può essere identificata con un luogo, anche se ha sempre bisogno di un luogo per svilupparsi
Uscire bisogna, verso nuovi posti, verso le periferie del mondo, le periferie esistenziali.
Quanto le periferie sono simili agli insetti che vivono la sciamatura. Decine e decine di migliaia di esseri umani costretti a vivere in un territorio angusto, con servizi carenti.
Non si è felici da soli. La ricerca della felicità non è un moto individuale, ma uno sforzo collettivo, anche se ciascuno pensa in primo luogo a sé stesso, e poi alla propria famiglia e, poi, ancora al clan, al proprio gruppo. Non siamo tanto differenti dagli insetti, dalle api. Anche se siamo ben lontani dalla loro capacità di generare e di produrre. E di vivere in armonia.

Sciamare bisogna.
Assieme ad altri. Fratelli e sorelle con cui si condividono radici e valori. Sciamare per fondare nuove colonie, per trapiantare la stessa vita in luoghi differenti, vicini e poi sempre più lontano.
Nuovi quartieri, nuove presenze arrivando a mescolarsi incessantemente con altri popoli, altre razze, altre culture.
Sciamano gli insetti e sciamano anche gli umani. Nell’incessante, rischioso, faticoso, viaggio della vita.
Come lo sciame manda avanti le api esploratrici alla ricerca di un posto adatto, anche noi sciamiamo al seguito di altri che ci hanno preceduto, altri più intraprendenti, più coraggiosi, più forti, portati a vivere la missione delle avanguardie, degli esploratori, dei mediatori culturali, degli ambasciatori. Non si tratta di un compito facile. Lasciare il noto per inventarsi un nuovo mondo che possa andare bene non solo per sé stessi ma anche per tutti quelli che li seguiranno. È un compito al quale il gruppo deve destinare le persone migliori. Queste persone hanno aperto teste di ponte, hanno fatto di sé stesse dei ponti per permettere il passaggio degli altri. Per permettere l’incontro, l’entrata in un mondo differente. Si tratta delle persone che hanno permesso ad un mondo ostile di diventare più amico, ad un mondo sconosciuto più famigliare. La nostra opulenza odierna, le nostre attuali sicurezze, i nostri punti di riferimento, si fondano sulla precarietà, sull’essenzialità, sul coraggio di chi ci ha preceduto.
S.C.

 

 

 

 

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